13/01/09

Io scrivo… Corso di tecnica del racconto e del romanzo" in partenza il prossimo febbraio 2009

Perché un corso di tecnica del racconto e del romanzo?
Raccontare. Quello che abbiamo visto. O anche ciò che abbiamo immaginato. In entrambi i casi, si tratta di comunicare. Da noi, a fuori di noi. Arrivare ad un altro paio di occhi. A un altro cervello. A un altro corpo. Portare una storia, dei personaggi, un mondo intero ad altri. E farlo usando uno strumento straordinario: le parole.
Narrare è un atto istintivo. Da sempre l'uomo racconta. Migliaia di anni fa, raccontava com'è che aveva ucciso il leone. Per altre migliaia di anni, hanno raccontato i nonni, gli aedi, i cantastorie, i poeti in ottava rima, i narratori nelle aie in campagna. Alcuni erano più bravi di altri: Omero ha, di fatto, cancellato tutti i suoi contemporanei. O magari li ha assorbiti tutti sotto il suo nome. E così Shakespeare.
Probabilmente, ognuno ha dentro di sé una storia, un soggetto per il cinema, un ricordo da trasformare in mondo. Tutti noi vorremmo saper raccontare in modo efficace. Sintetico. Vivo. Ma come si fa?
Da una parte, c'è l'istinto. Le immagini e le storie si formano nella nostra mente, in modo spesso inconsapevole. Come i sogni. Dall'altra parte, c'è la ragione. Il lavoro. Possiamo lavorare sulla scelta delle parole. Sulla loro esattezza. Sull'ordine degli eventi. Possiamo dare alla nostra storia un ritmo, un movimento, una tragicità o un impatto comico.
Il talento non si impara. Ma si coltiva. Prima di tutto, prima di raccontare, è necessario vivere. Percepire. Assorbire il mondo, metabolizzarlo. Mangiarlo vivo. Scoprire particolari, in quello che la gente fa, dice, sente, pensa. Conoscere le persone. Per raccontare l'amore di una madre per un figlio è necessario sapere di quale emozione si stia parlando. Non è necessario partorire: ma è necessario conoscere l'amore. Hai una storia dentro? In Italia ci sono tantissimi scrittori. Pochissimi, però, riescono ad avere un impatto su un numero, anche ristretto, di lettori. Pochissimi riescono a comunicare. Se stai leggendo queste righe, hai probabilmente già sfiorato il territorio della narrazione. Ti sei accorto di quanto sia difficile da percorrere. Senza punti di riferimento sicuri. E' meglio, allora, andarci insieme a qualcuno che questo territorio lo abbia percorso, che ci abiti. E che sappia darci qualche indicazione. Prima tappa: vivere. O immaginare. Seconda tappa: tradurre in parole quello che abbiamo vissuto, o immaginato. Descrivere con chiarezza. Ma anche con ricchezza di particolari. Con un lessico inatteso. Ma preciso. Perché romanzi in cui splende e risplende "un sole abbagliante" sono brutti? Perché sono brutti i romanzi in cui continuamente il protagonista "si lancia all'inseguimento"? Perché i brividi che corrono lungo troppe schiene non emozionano? Da una parte c'è l'esperienza. Dall'altra, le parole. Un conto è soffrire per amore. Un altro è saper descrivere come ci si sente. Saper comunicare questa sensazione a chi legge. Abbiamo bisogno, per far questo, di essere attrezzati. Prima di tutto, occorre leggere. E molto. E anche questo è un mestiere che si impara. Si impara a comprendere la strategia dell'autore. Non soltanto ciò che racconta: ma come lo racconta. Poi, si comincia a scrivere. E la scrittura si impara, come si impara a fare il pane, o come si impara la chirurgia. Non si può impastare e tagliare a caso, né facendo il fornaio, né facendo il chirurgo. Né facendo lo scrittore. Imparare a scrivere significa conoscere una lingua in tutte le sue potenzialità, in tutte le sue sfumature. Poi, occorre sapere come funzionano le storie. Come si organizzano. Come si strutturano i colpi di scena. Come si fanno correre verso un finale inatteso. Come si prendono per la coda, e si rivoltano. Come si cerca prima di tutto un finale, e poi si costruisce tutto per arrivare a quel finale. Infine, dopo aver scritto, occorre riscrivere. Tagliare, spezzare, chiarire, correggere. Togliere. Scrittori che scrivono di getto, e che lasciano tutto così com'è, ce ne sono pochi al mondo. così come ci sono pochi pittori di action painting, che risolvono nel gesto la loro azione artistica. Scrittori non si nasce. Con la sola "vocazione", con il solo talento non si scrivono buoni romanzi. Il talento si deve concretizzare attraverso un ordine, una scrittura. Ordine e scrittura si padroneggiano con la tecnica: alla vocazione deve aggiungersi un paziente, faticoso, attento artigianato. La qualità è spesso frutto della volontà, dello sforzo, dell'ostinazione. La scrittura si controlla. Così come il pittore si allontana dal quadro, dopo aver dato qualche pennellata, per vedere l'effetto che fa, diventando in quel momento spettatore, allo stesso modo lo scrittore si allontana dal suo testo, lo giudica dopo aver scritto qualche parola, per vedere l'effetto che fa. E quando non va, corregge. Finita la correzione, comincia il lavoro più duro. Promuovere il proprio testo. E anche questo, è un mestiere che si impara.
Al lavoro dunque! Prendi carta e penna e inizia a scrivere insieme a noi!
Maggiori info su: (La scuola di Editoria).

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